
Economia illegale in Italia: cresce, ma non torna ai livelli pre-Covid

Nel 2021, le attività illegali considerate nel sistema dei conti nazionali hanno generato un valore aggiunto pari a 18,2 miliardi di euro, pari all’1,1% del PIL; tale valore include l’indotto, ossia il valore dei beni e servizi legali utilizzati nei processi produttivi illegali.
Ad affermarlo un recente report dell’Istat, L’economia non osservata nei conti nazionali - Anni 2018-2021, report da cui apprendiamo che, sempre nel 2021, il valore dell’Economia Non Osservata ha raggiunto quota 192 miliardi di euro (l’economia sommersa si attesta a poco meno di 174 miliardi di euro mentre le attività illegali, come detto, arrivano a superare i 18 miliardi di euro) crescendo di 17,4 miliardi di euro ma mantenendo invariata la sua incidenza sul PIL (10,5%).
Rispetto al 2020, quando le misure restrittive messe in atto per contrastare la pandemia avevano comportato una contrazione dell’economia illegale, si è registrata nel 2021 una ripresa del fenomeno, con una crescita del 5% (pari a 0,9 miliardi di euro) del valore aggiunto generato dalle attività illegali. Riprendendo la tendenza positiva degli anni precedenti la crisi pandemica, i consumi finali di beni e servizi illegali sono cresciuti di 1,2 miliardi di euro, attestandosi a 20,8 miliardi di euro (corrispondenti al 2% del valore complessivo della spesa per consumi finali).
Nonostante la crescita dell’ultimo anno, con riferimento al periodo 2018-2021, le attività illegali hanno mostrato una contrazione di 1,1 miliardi del valore aggiunto e di 0,8 miliardi della spesa per consumi finali, con una decrescita media annua, rispettivamente, dell’1,9% e dell’1,3%. Al 2021, dunque, il valore complessivo dell’economia illegale non è tornato ai livelli pre-crisi.
La ripresa delle attività illegali nel 2021 è stata determinata per larga parte dalla dinamica del traffico di stupefacenti: il valore aggiunto è salito a 13,7 miliardi di euro (+0,4 miliardi rispetto al 2020), mentre la spesa per consumi si è attestata a 15,5 miliardi di euro (+0,7 miliardi). Tale crescita è in linea con l’andamento del quadriennio precedente al 2020 in cui, per il traffico di stupefacenti, si era registrato un incremento medio annuo del 2,1% per il valore aggiunto e del 2,6% per i consumi finali, sostenuti soprattutto dalla dinamica dei prezzi.
Nello stesso periodo anche la crescita dei servizi di prostituzione è stata rilevante. Nel 2021 il valore aggiunto e i consumi finali sono aumentati, rispettivamente, dell’11,8% e del 12,3% (portandosi a 3,9 e 4,5 miliardi di euro).
L’attività di contrabbando di sigarette nel 2021 rimane marginale, rappresentando una quota del 3,3% del valore aggiunto (0,6 miliardi di euro) e del 3,8% dei consumi delle famiglie (0,8 miliardi di euro) del complesso delle attività illegali.
Nel periodo 2018-2021, l’indotto connesso alle attività illegali, principalmente riconducibile al settore dei trasporti e del magazzinaggio, è passato da un valore aggiunto di 1,3 miliardi di euro a 1,4 miliardi, dopo aver subito una caduta di 170 milioni nel 2020.
(Fonte: Ufficio Stampa Istat)
GLOSSARIO
Attività illegali: rappresentano le attività produttive aventi per oggetto beni e servizi illegali, o che, pur riguardando beni e servizi legali, sono svolte senza adeguata autorizzazione o titolo. Si distinguono tre tipologie di attività: produzione e traffico di stupefacenti, servizi di prostituzione e contrabbando di tabacco.
Economia Non Osservata (NOE): include quelle attività economiche che, per motivi differenti, sfuggono all’osservazione statistica diretta. Le principali componenti della NOE sono rappresentate dal sommerso economico e dall’economia illegale; il sommerso statistico e l’economia informale ne completano lo spettro.
Economia sommersa: include tutte quelle attività che sono volontariamente celate alle autorità fiscali, previdenziali e statistiche. Esso è generato da dichiarazioni mendaci riguardanti sia fatturato e costi delle unità produttive (in modo da generare una sotto-dichiarazione del valore aggiunto) sia l’effettivo utilizzo di input di lavoro (ovvero l’impiego di lavoro irregolare). Ulteriori integrazioni derivano: dalla valutazione delle mance che i lavoratori dipendenti ricevono dai clienti in alcune attività economiche; dai risultati della procedura di riconciliazione delle stime indipendenti dell’offerta e della domanda di beni e servizi; dalla valutazione degli affitti in nero.
Valore aggiunto ai prezzi base: è la differenza tra il valore della produzione di beni e servizi e il valore dei costi intermedi sostenuti a fronte di tale produzione. La produzione è valutata ai prezzi base, cioè al netto delle imposte sui prodotti e al lordo dei contributi ai prodotti e i costi intermedi ai prezzi di acquisto. Corrisponde alla somma delle retribuzioni dei fattori produttivi e degli ammortamenti.
In copertina: Foto di Markus Spiske su Unsplash
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