Grani antichi, in Sicilia ventidue varietà

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Redazione
17/05/2022 - 04:01

Sinonimo di naturalità e tradizione, igrani antichi sicilianicostituiscono un patrimonio prezioso, che riveste una particolare importanza per l’agricoltura in Sicilia, da sempre considerata il granaio d’Italia, oggi tornati nel carrello della spesa e sulle tavole degli italiani. Legati ad antiche tradizioni, usi e costumi locali, associati a numerosi prodotti tipici molto apprezzati dai consumatori, costituiscono un elemento indispensabile per la tutela di un patrimonio genetico, economico, sociale e culturale di grande valore.

Per queste ragioni il CREA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria), con i suoi centri di Difesa e Certificazione (Palermo e Tavazzano), in collaborazione con il Consorzio di Ricerca “Gian Pietro Ballatore” e l’Università della Tuscia di Viterbo, è stato impegnato nella caratterizzazione morfologica, genetica e biochimica delle varietà autoctone siciliane di frumento duro - progetto CA.VA.SI.F.D. - iscritte al Registro Nazionale delle Varietà da Conservazione delle Specie Agrarie e custodite presso le aziende responsabili della conservazione in purezza (agricoltori custodi).

Il progetto CA.VA.SI.F.D., studio biennale con un approccio multidisciplinare su due campagne produttive, 2020 e 2021, condotte direttamente in campo, per la raccolta dei campioni di seme e di spighe delle varietà oggetto della ricerca sui grani antichi dell'Isola, è stato finanziato dall'Assessorato all'Agricoltura della Regione Siciliana, utilizzando i fondi della Legge sulla Biodiversità (L. 194/2015) del Ministero dell'Agricoltura.

Grazie all’adozione di adeguati protocolli scientifici sono state ottenute schede descrittive dettagliate per l’identificazione varietale. Con l’uso di marcatori molecolari (DNA fingerprinting) è stata valutata la variabilità genetica delle popolazioni di grani e sono stati definiti profili univoci, necessari anch’essi all’identificazione varietale. L’impiego di marcatori biochimici ha consentito, inoltre, di caratterizzare i profili delle proteine di riserva (in particolare gliadine e glutenine che compongono il glutine) delle varietà locali censite.

La Sicilia può contare oggi su 57 agricoltori responsabili della selezione conservatrice, 22 varietà autoctone di frumento duro (su 27 a livello nazionale) e 3 di frumento tenero, iscritte ai registri delle varietà da conservazione. Ciò ha permesso agli agricoltori siciliani di poter disporre di sementi certificate prodotte su circa 200 ettari.

I materiali studiati provengono direttamente dalle varietà autoctone coltivate oggi in Sicilia dagli agricoltori responsabili del loro mantenimento in purezza e non da collezioni istituzionali e rappresentano, quindi, la reale biodiversità presente sul territorio regionale. Tale fotografia delle popolazioni autoctone siciliane consentirà nel tempo di verificare le eventuali variazioni o scostamenti dovuti all’interazione con l’ambiente e alla selezione consapevole o inconsapevole degli agricoltori.

In totale sono state dunque caratterizzate 55 accessioni di 22 varietà di frumento duro e 9 accessioni di 3 varietà di frumento tenero.

L’attività svolta rappresenta un valido contributo per l’identificazione varietale, nel corso dei controlli ufficiali, per la certificazione delle sementi e la conseguente tracciabilità delle produzioni. Sarà, così, possibile assicurare l’autenticità dei prodotti tipici locali ed escludere possibili frodi, a tutela dell’intera filiera: consumatori e produttori avranno la garanzia della varietà impiegata.

Si tratta di uno step fondamentale per il recupero, la tutela, la valorizzazione e la conservazione delle risorse genetiche studiate, riducendo i rischi di estinzione e/o erosione genetica, favorendo, inoltre, la creazione di una banca del seme fisica ed informatica, indispensabile per la conservazione delle varietà autoctone siciliane e della loro biodiversità.

«La biodiversità è un valore che dobbiamo preservare e trasferire alle nuove generazioni. I cosiddetti grani antichi sono una sfida importante di recupero e valorizzazione che deve trovare coerenza lungo tutta la filiera, dal seme sino al prodotto trasformato», ha detto Giuseppe Russo del Consorzio di Ricerca “Gian Pietro Ballatore”.

(Fonte: CREA - ANSA)

 

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