
L’amica geniale: uomini che fabbricano le donne

Best seller famoso in tutto il mondo, L’amica geniale di Elena Ferrante narra la storia di due amiche, Raffaella Cerullo, detta Lila, ed Elena Greco, detta Lenù, cresciute insieme in un quartiere povero della periferia di Napoli detto “il Rione” verso la metà degli anni Cinquanta.
Fin dall’inizio queste due bambine rappresentano gli ideali femministi, difficili da trovare in quegli anni soprattutto in un quartiere come il Rione in cui la donna era considerata inferiore all’uomo.
Entrambe sono portatrici di un cambiamento: vogliono continuare a studiare, cosa all’epoca impensabile perché nel Rione la maggior parte degli uomini e delle donne arrivavano come grado di istruzione fino alla quinta elementare. Loro invece sono diverse: vogliono scrivere, emanciparsi e piegare la realtà ostile del quartiere in cui vivono.

Ma questo non porterà un seguito, Lila sarà infatti costretta a terminare i suoi studi e rimarrà rinchiusa nella bolgia del Rione, seguendo le classiche tradizioni del quartiere: sposarsi giovane, avere dei figli e lavorare. Lenù, invece, potrà continuare a studiare, fino ad arrivare a laurearsi alla Normale di Pisa, e scriverà un libro che la farà diventare famosa in tutta Italia, permettendole di vivere una vita agiata.
Ma cosa ci fa sentire così vicino a queste due protagoniste? È la lotta contro le ingiustizie maschili degli anni Cinquanta di un Paese ancora poco pronto per cambiare consuetudini sociali assai radicate. Dura a morire era pertanto l’idea di una donna “non libera di scegliere”, ma costretta alla classica routine di sacrifici verso la famiglia, il marito ed i figli; una donna non adatta all’istruzione e alla cultura come l’uomo, perché inferiore.
Nel libro l’esempio più eclatante di donna sottomessa è dato da Gigliola, l’amica d’infanzia dai toni sempre ostili, la figlia del pasticciere del Bar Solara che, rispetto ad altre bambine del quartiere, era riuscita ad andare alle scuole medie, e poi aveva sposato Michele Solara, il più intelligente ma anche il più cattivo di tutti i maschi del Rione.
Michele sapeva come si trattavano le donne: bisognava istruirle, sottometterle, le doveva ridurre ad un ricamo sottile sulla forza del maschio. Lui l’aveva prosciugata, umiliata, l’aveva trasformata in uno scarto di sé, in una materia raggrinzita che deve piegarsi al suo tocco; l’aveva resa un contenitore del suo piacere; la sua ombra scialba.
Ma Solara non è l’unico a voler istruire una donna nel romanzo, lo stesso marito di Lenù, Pietro Airota, uomo di cultura ed erede di una famiglia di professori universitari, nonostante l’istruzione, incarna perfettamente l’idea che si è andata a consolidare storicamente quando le donne hanno iniziato a studiare prima e lavorare poi: la donna può fare tutto, ma non può rinunciare alle incombenze che il matrimonio e la maternità portano con sé e dalle quali l’uomo trae giovamento.
Per tale motivo Pietro, poco prima del matrimonio, manifesta la sua volontà di diventare padre ignorando la volontà di Elena di voler continuare a scrivere un secondo libro.
Infatti, a differenza della moglie, può dedicarsi completamente allo studio e alla sua produzione culturale, perché non è donna e non è costretto ad assorbire il destino di madre e moglie di quegli anni; non vuole salvare Elena dal suo ruolo di donna- serva e di madre, non vuole vedere lo sperpero di intelligenza femminile.

Le Università diventeranno le roccaforti del pensiero moderno, la famiglia e lo Stato non sono più in grado di rispecchiare i bisogni della società, le donne iniziano a ribellarsi contro le madri, i padri, i figli, generando e reinventando se stesse lontane dal pensiero maschile.
Infatti, è sulla scia di questo movimento che Carla Lonzi scrive e pubblica Sputiamo su Hegel, un fascicoletto che rappresenta il Manifesto contro ogni forma di sapere metafisico, storico, sociale che da sempre ha condannato le donne alla marginalità.
Primo fra tutti a dover essere messo all’indice, secondo la scrittrice, è Hegel, il filosofo che ha razionalizzato il dominio patriarcale dell’uomo nella dialettica del principio divino femminile e principio maschile virile.
La donna, per Hegel, non è da considerarsi soggetto attivo, al contrario: incapace di liberarsi dall’ethos familiare e riconoscendosi nei figli e parenti, non solo libera l’uomo da qualsiasi forma di oppressione, ma la giustifica secondo una natura che le appartiene.
Quindi nell’opera della Ferrante vi è un continuo evadere, diventare e un trasformarsi in qualcosa di nuovo. Il diventare è la traiettoria che ci allontana dalle nostre madri, dai nostri padri, dai nostri fratelli e dalla paura di crescere somigliando sempre di più a loro, autonomi dalla violenza e dal sapere senza tradizione. È l’illusione di crederci lontane dal punto di partenza, quando invece non facciamo altro che girare su noi stesse.
La chiara rappresentazione di questo tipo di donna è la protagonista del romanzo, Elena. Inizialmente una donna acculturata, capace di fuggire dalle sue origini, ma alla fine incarnerà il classico prototipo femminile di quegli anni: si dedicherà completamente ai suoi figli ed al suo ruolo di moglie, dimenticandosi il suo mestiere di scrittrice. Solo dopo alcuni anni si sveglierà e avrà l’urgenza di portare avanti quella denuncia: di insorgere contro le parole, capovolgere, disancorarle dalla società patriarcale.
Il sapere femminile ha bisogno di radici proprie. E per questo scrive qualcosa a proposito degli “uomini che fabbricano le donne”. Sottolineando come le donne vivono sotto la scia del sapere maschile, il che significa non avere tradizione, non avere corpo, una mente, una volontà che non siano fabbricate dalla mente dell’uomo.
Non deve, però, passare inosservato un particolare importante: Elena scrive il suo secondo libro affinché il suo futuro amante, Nino Sarratore, la veda e ne riconosca l’intelligenza. Quindi nasce dalla necessità di far colpo proprio sull’uomo che, tra tutti, in maniera nascosta, fabbrica le donne a sua immagine e somiglianza.
In conclusione, possiamo affermare che il libro L’amica geniale è un romanzo di formazione mancato, nessuno si forma, tutti si disgregano, anche la stessa protagonista Elena.
In copertina: Immagine tratta dalla serie televisiva L’amica geniale
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È nata a Catania il 15 novembre 1995. I suoi studi in ambito storico-artistico prendono avvio nel 2016 con il primo corso di laurea in Beni Culturali che ha termine nel luglio 2019 con una tesi di ricerca sul pittore Pietro Novelli. A due anni di distanza dalla prima Laurea, consegue nel novembre 2021 la magistrale in Storia dell’Arte e Beni Culturali con una tesi di ricerca su alcuni esemplari del Cinquecento posseduti dalle Biblioteche Riunite “Civica e A. Ursino Recupero” di Catania.
A gennaio 2022 entra a far parte della Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, approfondendo i suoi studi sulla Storia dell’Arte Moderna. In particolare, il suo lavoro sul patrimonio culturale del Seicento siciliano contribuisce a ridare un nuovo slancio alla storia dell’arte italiana. Attualmente ha numerose pubblicazioni al suo attivo in riviste artistico-letterarie.