La Riserva Naturale Orientata “Capo Gallo”

Autore:
Santo Gulisano
23/02/2024 - 03:58

La città di Palermo vanta il singolare e rarissimo primato di inglobare, nel suo immediato hinterland, ben due Riserve Naturali Orientate, quella di “Capo Gallo” e quella di “Monte Pellegrino”, l’Area Marina ProtettaCapo Gallo – Isola delle Femminenonché diversi Siti di Interesse Comunitario. Un privilegio, questo, che, purtroppo, non riesce ad esprimere tutte le notevoli e variegate possibilità che sarebbe in grado di poter concretizzare. Ciò accade per una serie di condizionamenti oggettivi che dipendono da diversi ed eterogenei fattori, non ultimo una parcellizzazione delle gestioni (peraltro, spesso, molto incerte) delle aree naturalistiche tra ben tre distinti Enti. Una situazione che, ovviamente, non favorisce una conduzioneordinariaottimale ed, ancor meno, una programmazione lungimirante e di ampio respiro dell’intero comprensorio coinvolto.

La R.N.O.Capo Gallo”, affidata alla gestione del Dipartimento Regionale dello Sviluppo Rurale e Territoriale (ex Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana), si estende per quasi 586 ettari, occupando il promontorio sito nell’area nord-occidentale del capoluogo tra i quartieri cittadini di Mondello e di Sferracavallo. Venne istituita nel 2001 per la tutela delle formazioni geomorfologiche, per la salvaguardia delle specie floro-faunistiche endemiche e rare e per proteggere ilmarciapiede a vermetipresente lungo la costa.

Si tratta, infatti, di un sito ad elevata naturalità, singolare per flora, fauna e conformazioni geologiche con preziose e rare testimonianze storiche. Da segnalare, in particolare, ilbio-marciapiede”, una piattaforma che lambisce il mare, formata dalla sovrapposizione di gusci di molluschi gasteropodi afferenti alla famiglia dei Vermetidi, e la presenza di una ventina di grotte, espressioni di interessanti fenomeni geologici, che, altresì, offrono non pochi elementi per aiutare a ricostruire la storia dell’uomo insediatosi in questi luoghi già dal Paleolitico.

La Riserva si presenta territorialmente comemetropolitanain quanto sita già in zone edificate delle prime periferie di Palermo e distante solo meno di 10 chilometri dal pieno centro cittadino. Tale posizione la espone, inevitabilmente, a pressioni antropiche molto pesanti per la conservazione delle specie che dovrebbe tutelare e per la salvaguardia delle quali venne istituita. Pur con le conseguenti criticità, l’area continua a caratterizzarsi come un dinamico e vivente laboratorio biologico a cielo aperto ed a mantenere la presenza di ecosistemi e popolazioni biologiche di grande richiamo ed interesse. Infatti, a parte il versante meridionale caratterizzato da impianti forestali artificiali e da specie vegetali alloctone, il versante settentrionale, caratterizzato dalla presenza di ampie pareti rocciose, mantiene l’insediamento di una componente floristica ricca sia di elementi ad ampia distribuzione sia di numerose e rare entità endemiche di particolare valenza fitogeografica. Non mancando, però, tracce residuali di quelle che erano le specie d’interesse agrario coltivate in passato, come il carrubo, l’olivo ed il sommacco siciliano. Importanti ed assai significativi restano, comunque, i lembi di boscaglia, di macchia e garighe. Come, pure, le comunità steppiche costituite da specie pirofite, diffuse in conseguenza degli incendi e dei pascoli che hanno, anche nel recente passato, interessato questi luoghi. Lungo le coste rocciose, di assoluta valenza resta la vegetazione alofila-rupicola, data la presenza di piante specializzate che hanno la capacità di vivere nelle fessure delle rocce e di sopportare il contatto diretto con l’acqua marina e l’aerosol marino.

Tali variegati ambienti costituiscono ideali habitat per numerosissime specie di mammiferi, di rettili, di anfibi e di uccelli; impossibile elencarle tutte senza correre il rischio di ometterne diverse. Così, volendo restare ai soli endemismi della Sicilia (ed ormai rarissimi in altre parti della Regione), si ricordano il topo domestico (Mus domesticus), il rospo smeraldino siciliano (Bufo siculus) e la lucertola siciliana (Podarcis waglerianus).

Tanta ricchezza naturalistica e gli spettacolari ed unici panorami su Palermo ed i vicini centri costieri motivano gratificanti ed appaganti escursioni nella Riserva, possibili grazie ai numerosi percorsi che si snodano al suo interno. Percorsi che, però, non sempre risultano immuni da criticità, sia con riferimento ad una fruizione compatibile sia per assecondarne la tutela ed il conseguimento dei suoi fini istituzionali. Al riguardo e senza voler entrare nel “piccolo” dettaglio delle anomalie e delle distorsioni presenti, appare quanto mai opportuno (e, soprattutto, molto più costruttivo) rappresentare le circostanze che ne sono all’origine.

Partendo, quindi, dalle esperienze passate, caratterizzate - il più delle volte - da episodiche rivendicazioni velleitarie che si sono rivelate (e non poteva essere diversamente) pesantemente controproducenti per lo stesso stato della Riserva. Suggerite dalla fumosa e infantile politica del “tutto e subito con la fantasia al potere”, hanno finito - solo e tutte le volte - per creare evitabili allarmismi e provocare comportamenti diametralmente opposti alle finalità auspicate. Prescindevano, infatti, dalla circostanza che la stragrande maggioranza dei terreni dell’area sono di proprietà privata e che, quindi, non era (come non è ancora oggi) praticabile una loro facile acquisizione al patrimonio pubblico come, pure, l’imposizione di stringenti vincoli penalizzanti, specie se, comunque, non assolutamente necessari. Con il risultato che, in quest’ultimo mezzo secolo, le più perniciose ferite inflitte alla naturalità dei luoghi sono venute proprio allorquando sono stati paventati spauracchi che non avevano nessuna realistica possibilità di essere concretizzati; neppure in minima parte. Come, in effetti, è, poi, avvenuto. Ingenerando, sempre ed esclusivamente, preoccupazioni ed azioni (anche) eccessive e dissennate che hanno lasciato, ogni volta, un quadro ancor più degradato e, purtroppo, con sempre minori spazi per positivi interventi futuri a salvaguardia di questo “bene pubblico”.

Un disastroso effetto boomerang, quindi, che sarebbe opportuno ben ricordare quando matureranno le condizioni per intraprendere azioni utili per arrestare il degrado della riserva e, possibilmente, per avviarne un auspicabile rilancio.

Obiettivi certamente possibili se e quando prevarrà la ricerca dell’individuazione, della condivisione e della concretizzazione di misure ragionevolmente praticabili, realizzabili in tempi ben definiti e, soprattutto, con risorse inequivocabilmente nella pronta e piena disponibilità.

Evitando, pertanto, di riproporre lesostanziali vaghezzeogni tanto ripescate da certi ambienti ma, invece, puntando all’inderogabile presupposto fin qui mai perseguito: definire con nettezza chi deve fare cosa e con quali strumenti.

Ciò implica una responsabile riflessione su una serie di scelte del passato, a partire dall’esperienza dei soggetti “affidatari” (temporanei e/o con proroghe di fatto e per attività limitate e circoscritte) dai quali non poteva certo venire un’intelligente, lungimirante e sostanziale gestione dell’intera riserva. Come pure una riscrittura di norme e comportamenti; anche pochi, ma ben definiti, possibili da seguire e, pertanto, da far - veramente - rispettare; e non mancando, quindi, di specificare, in modo chiaro e puntuale, il soggetto chiamato a rispondere delle eventuali inottemperanze. Senza mancare di regolare le corrette interrelazioni e le dovute (di conseguenza) “vere e ineludibilicompetenze dei diversi Enti che, a vario titolo, sono, comunque, coinvolti per dare un futuro alla Riserva Naturale Orientata “Capo Gallo”.

 

Fotografia in copertina: Regione Siciliana - Osservatorio Regionale Biodiversità Siciliana

All’interno: Foto di Joefromthebay - Opera propria, CC BY-SA 4.0

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