
In Italia cresce la temperatura più che in altre parti del mondo

La temperatura cresce in Italia più che in altre parti del mondo. Nel 2018 è stata registrata un'anomalia media pari a +1,71 gradi rispetto alla media climatologica 1961-1990, superiore a quella globale sulla terra ferma (+0,98 gradi). È stato calcolato un aumento della temperatura media pari a circa 0,38 °C ogni dieci anni nel periodo 1981-2018. Elemento che porta il nostro Paese ad allontanarsi dagli obiettivi di contrasto dei cambiamenti climatici. Nuovo picco per la temperatura dei mari italiani nel 2018 (+1,08 °C), il secondo dopo il 2015, rispetto al periodo 1961-1990.
A dirlo è l'Annuario dei Dati Ambientali 2019 dell'ISPRA (il centro studi del Ministero dell'Ambiente), presentato in streaming alla presenza del premier Giuseppe Conte, del presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, del ministro dell'Ambiente, Sergio Costa.
In particolare, poi, la situazione rimane preoccupante per gli inquinanti atmosferici. Il Bacino Padano è una delle aree dove l'inquinamento atmosferico è più rilevante in Europa. Guardando ai dati del 2019, il valore limite giornaliero del PM10 è stato superato nel 21% delle stazioni di monitoraggio (50 microgrammi per metro cubo, da non superare più di 35 volte l'anno). Rispettati invece i limiti per i PM2.5 nella maggior parte delle stazioni di rilevamento. Uno degli effetti del lockdown è stata la riduzione del biossido di azoto tra il 40 e 50% nelle regioni del Nord e nella Pianura Padana.
È costante l’attenzione dei cittadini verso la questione dei campi elettromagnetici, legati a smartphone, elettrodotti, impianti per la radiocomunicazione. Tra luglio 2018 e settembre 2019, i casi di superamento dei limiti di legge sono aumentati (+ 6%) sia per gli impianti radiotelevisivi (RTV) sia per le SRB - Stazioni Radio Base della telefonia mobile (+4%). Per le sorgenti ELF (a bassa frequenza, cioè elettrodotti ed elettrodomestici) i dati risultano sostanzialmente invariati.
Per quanto concerne le sostanze chimiche (nel 2018 ne sono state catalogate più di 22.000 in Italia), a preoccupare sono soprattutto i pesticidi: nelle acque superficiali il 24,4% dei punti monitorati mostra concentrazioni superiori ai limiti di qualità ambientale; il 6% nelle acque sotterranee. L'UE è il secondo produttore mondiale di sostanze chimiche dopo la Cina (si stima che sul mercato europeo siano presenti circa 100.000 sostanze chimiche). L'Italia è il terzo produttore europeo, dopo Germania e Francia, con più di 2.800 imprese attive e 110.000 addetti.
Rispetto all'Europa, l'Italia cresce molto di più nell'uso circolare dei materiali. È terza nell'Unione Europea per la cosiddetta “produttività delle risorse”, un indice usato per descrivere il rapporto tra il livello dell’attività economica (Prodotto Interno Lordo) e la quantità di materiali utilizzati dal sistema socioeconomico (CMI - Consumo di Materiale Interno).
Diminuiscono del 17,2% le emissioni di gas serra in Italia nel medio periodo (1990-2018), ma siamo ancora lontani dall’obiettivo UE di ridurle dell’80-95% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050. Nel primo trimestre di quest'anno, si stima per il 2020 una riduzione, a causa del lockdown, dei gas serra del 5,5%, a fronte di una variazione congiunturale del PIL pari a -4,7 %. Nel 2018 la diminuzione era stata dello 0,9% rispetto all'anno precedente, e per il 2019 la tendenza è di una riduzione del 2,0% rispetto al 2018.
Per i rifiuti urbani si stima per il 2019 una produzione pari a quella del 2018, mentre gli scenari al 2020 individuano un calo in linea con la diminuzione del PIL pari al 4,7%.
In Italia, la quota di energia da fonti rinnovabili è pari al 18,3% rispetto al consumo finale lordo, valore superiore all'obiettivo del 17% da raggiungere entro il 2020. Prossimo obiettivo da raggiungere è il 32% entro il 2030.
Con le sue 60.000 specie animali e 12.000 vegetali, l'Italia è uno dei paesi europei più ricchi di biodiversità in Europa e con livelli elevatissimi di endemismo (specie esclusive del nostro territorio). Un patrimonio che vede alti livelli di minaccia per flora e fauna. Forte argine al degrado sono la Rete Natura 2000 e il Sistema delle aree protette italiane: quelle terrestri sono 843 e coprono il 10,5% del territorio nazionale, 29 le aree marine protette, 2.613 i siti della Rete Natura 2000 (19,3% del territorio nazionale).
Quanto allo stato di salute della fauna in Italia, tra i vertebrati sono i pesci d’acqua dolce quelli più minacciati (48%), seguiti dagli anfibi (36%) e dai mammiferi (23%). Tra le piante più tutelate dalle norme UE, il 42% è a rischio.
Le minacce più gravi vengono, però, dal costante aumento delle specie esotiche introdotte in Italia - più di 3.300 nell’ultimo secolo - dal degrado, dall’inquinamento e dalla frammentazione del territorio.
Lontana dagli obiettivi europei la salute di fiumi e laghi in Italia. Neanche la metà dei 7.493 corsi d’acqua raggiunge uno “stato ecologico buono o elevato” (43%), ancora più grave la situazione dei laghi (solo il 20%). Va meglio la situazione se si analizza lo stato chimico: è buono per il 75% dei fiumi (anche se il 18% non è ancora classificato), e per il 48% dei laghi.
C’è anche il consumo di suolo a gravare sulla perdita di biodiversità. Sono ormai persi 23.000 km2, con una velocità di trasformazione di quasi 2 m2/sec tra il 2017 e il 2018. Sebbene il fenomeno mostrasse segnali di rallentamento, probabilmente a causa della congiuntura economica, dal 2018 il consumo di suolo ha ripreso a crescere. Nel 2018 è stato sottratto anche il 2% delle aree protette.
Il territorio italiano è fortemente esposto al dissesto idrogeologico. La popolazione a rischio frane che risiede in aree a “pericolosità elevata e molto elevata” ammonta a 1.281.970 abitanti, pari al 2,2% del totale.
(Fonte: ANSA/Ufficio Stampa ISPRA - Foto di copertina: Pixabay)
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