La storia di Guido Rossa, l’uomo che si oppose alle BR
«In un'alba livida e fredda del gennaio 1979, sulle alture della Genova popolare, due colpi di pistola sparati a bruciapelo uccidevano l'operaio comunista Guido Rossa. Lo uccidevano al buio, nell'ora in cui gli operai vanno a lavorare. E così quell'alba era anche un tramonto. Annunciava la sconfitta politica delle Brigate Rosse, segnava la fine della loro illusione di conquistare il favore delle classi lavoratrici».
Parte da qui il recente Giù in mezzo agli uomini. Vita e morte di Guido Rossa (Feltrinelli, 2021) che, scritto da Sergio Luzzatto, propone il sorprendente ritratto di un italiano del dopoguerra, il ritratto di un uomo che da solo si oppone alle BR pagando il suo grande coraggio con la vita.
Rossa inizia la sua carriera lavorativa alla Fiat di Torino per poi trasferirsi alla Italsider di Genova, in quella che è una delle più grandi acciaierie d’Europa. Per quanto sia riservato e taciturno, ottiene il consenso e la stima degli altri operai divenendo un rappresentante sindacale della FIOM (Federazione Impiegati Operai Metallurgici). Quelli in cui si consuma la vicenda di Rossa sono conosciuti come gli “Anni di Piombo” e Genova all’epoca è sede di una delle più agguerrite e violente “colonne” delle Brigate Rosse.
Il grande hobby di Guido Rossa è l’alpinismo ed ogni occasione è buona per cimentarsi in scalate impegnative ed impervie, tanto è grande questa sua passione che alcune imprese lo vedono protagonista anche sulle cime dell’Himalaya. Rossa sposa totalmente la causa della difesa dei diritti dei lavoratori metalmeccanici, anche se va detto che coloro che si danno alla clandestinità della lotta armata in massima parte fuoriescono proprio dalle fabbriche ed hanno militato nelle organizzazioni della sinistra. È noto il grande dibattito che nasce in ordine alla posizione assunta dal Partito Comunista Italiano rispetto alle Brigate Rosse comunque contigue alla classe operaia (allora poteva ancora usarsi questo temine con espressione oggi ormai desueta perché la nuova organizzazione del lavoro non prevede più grandi agglomerati produttivi e, in ogni caso, la possibilità che si concentrino lavoratori dando vita ad uno spirito di corpo).
Il PCI in quegli anni fa la scelta del cosiddetto compromesso storico, con l’appoggio esterno ai governi a guida DC (Democrazia Cristiana) e, in particolare, a quello Andreotti. Ovviamente, tale scelta non è immune da censure da parte della sinistra che la considera un tradimento della stessa storia di quello che è stato da sempre il partito dei lavoratori. Proprio per tale scelta, il partito aveva invitato gli iscritti a segnalare alle autorità la presenza di brigatisti. Ciò si verifica puntualmente e viene notato un operaio che ripone un comunicato delle BR in un cestino dell’azienda. Guido Rossa rassegna tale notizia alle Autorità pur nella consapevolezza dei rischi cui si sarebbe esposto. E, infatti, puntualmente a distanza di poco tempo viene ucciso all’interno della sua Fiat 850.
Il clima di tensione è a quel punto altissimo in tutto il Paese e quell’omicidio fa traboccare il vaso. La solidarietà nei confronti della vittima di quello che resta un vile attentato è dappertutto massima ed ai funerali che si tennero a Genova partecipa anche il segretario del PCI, Enrico Berlinguer, in una oceanica manifestazione con circa duecentomila persone. Il segretario della CGIL (Confederazione Generale Italiana del Lavoro) manda anche una missiva personale alla famiglia nella quale manifesta tutto il cordoglio del sindacato che al suo interno comincia a chiedersi se Guido Rossa non sia stato lasciato solo e se quell’omicidio non avrebbe potuto essere evitato.
Infatti, fino a quel momento nessuno ancora aveva avuto, come invece Guido Rossa, tanto senso civico da denunciare la presenza di brigatisti in una fabbrica. Il gesto nobilissimo non può passare inosservato e viene punito con l’omicidio, ma costituisce l’inizio della disgregazione delle BR. In buona sostanza, comunque la si voglia considerare, dei lavoratori, brigatisti o meno, avevano trucidato un operaio e ciò segna l’inizio della crisi irreversibile dell’organizzazione terroristica.
In conclusione, non possiamo non affermare che la tragica vicenda di Guido Rossa rappresenta una pagina importante della storia politica e civile del nostro Paese.
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Autore
Autore
Classe 1956, Federico Bizzini è avvocato del Foro di Caltagirone. Nella sua lunga carriera ha curato la assistenza e la difesa in giudizio delle maggiori compagnie di assicurazioni; si occupa di Diritto del Lavoro e delle relative controversie. Ha offerto una difesa completa ai propri assistiti, curandone l'assistenza sia negli aspetti civilistici che negli eventuali risvolti penalistici. Da sempre impegnato nel sociale, è stato giovanissimo consigliere comunale a Caltagirone. Appassionato lettore, cura da anni una rubrica settimanale di recensioni di novità editoriali su una nota emittente televisiva locale.