
Quelle ricette magiche per le periferie che hanno il sapore amaro della beffa

«Non si deve più essere disposti a tutto pur di essere eletti, pur di governare. Bisogna ascoltare davvero il territorio, rieducare al diritto, alla legalità. Educare con l’esempio. È un investimento che la politica deve necessariamente fare, e, come tutti gli investimenti i primi anni saranno in perdita, pazienza, i frutti si raccoglieranno più in là, ma si deve fare, si deve iniziare adesso, perché in ballo non c’è una piccola o grande carica politica, gestire un piccolo o grande potere, in ballo c’è il futuro e la credibilità della nostra città».
Sara Fagone, coordinatrice della Piattaforma Librino, una periferia popolosa che è un mondo a sé, avulso dalla città di Catania che a Librino non va e non vuole andare. Una sorta di città satellite che ha tanta voglia di crescita, ha fame di servizi e di legalità, di lavoro e di stimoli culturali.

Sara pensa a Fabio, Giuliana, Arianna, Giusi, Alfio, Franca, Leandro, Giovanni, Maria Letizia, Franco, Enza, Adriana, Eleonora, Marilena, Piero, Ketty e potrebbe continuare ancora, la lista è davvero lunga.
«Persone che hanno dato e continuano a donare il proprio tempo, la propria anima, per migliorare le condizioni fisiche e culturali di Librino quartiere dove risiedono o dove svolgono attività di volontariato. Persone oneste, piene di sogni, di volontà e di entusiasmo, che talvolta vorrebbero provare a fare politica attiva, ma, purtroppo, restano escluse da quei meccanismi di reclutamento dei vari partiti, di tutti i partiti».
Perché Sara? «La domanda è sempre la stessa: Quanti voti porti? Quanti voti porti, questo importa; non importa chi sei, quanto hai lavorato e cosa fai di interessante, quali sono i tuoi ideali, cosa vorresti cambiare. No! Quanti voti porti. E quindi ancora una volta non resta che prendere atto di questo maledetto “sistema” che non si riesce a scardinare».
Parole amare che sanno di sogni infranti, di false promesse ricevute e di cocenti delusioni.

«Per non parlare degli eletti nelle circoscrizioni, spesso sono gli stessi operai che prestano attività lavorativa negli enti di pulizia e scerbamento, quegli stessi che vengono fotografati con i consiglieri o assessori di turno, e puntualmente vengono ringraziati pubblicamente per il lavoro svolto in quella tale via, in quel tale angolo. Come se fosse un favore, come se non fossero pagati per questo! Il messaggio che passa è davvero chiaro», sottolinea Sara.
C'è tanta amarezza nelle sue parole, lei che da anni è in prima linea nelle battaglie per il riscatto e la riqualificazione di Librino, che ingiustamente viene citato solo per fatti di criminalità dimenticando che è un quartiere di gente che lavora duro quando il lavoro lo trova anche malpagato; gente che vorrebbe lavorare di più e poter contare su un reddito sicuro e dignitoso, che vorrebbe strade illuminate e autobus, parchi giochi, una biblioteca e un futuro per i bambini. Che vorrebbe sentirsi Catania!
«La beffa è che dobbiamo pure sorbirci le ricette magiche per migliorare le condizioni delle periferie. Condizioni che loro per primi hanno contribuito a far nascere e continuano a fare crescere, alimentando quel sistema, attraverso assunzioni, nomine, quegli ingranaggi ormai così difficili da scalfire, lasciando sul territorio soldati senza armi con nemici molto più grandi e organizzati, con la criminalità, con la mafia», aggiunge la Fagone.

Sara Fagone non si ferma, ha contaminato il territorio con le sue battaglie per migliorare la qualità della vita di Librino, e con lei non si fermano quegli abitanti di Librino che con il loro impegno quotidiano coprono i vuoti lasciati dalle istituzioni che a Librino vanno per le passerelle elettorali e per qualche evento, promettono e salutano. E poi non succede nulla, o quasi.
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