Apicoltura, è allarme per il “falso” miele cinese

Autore:
Redazione
25/02/2021 - 06:46

Il mercato italiano è da tempo invaso da miele che arriva dalla Cina a prezzi di importazione molto bassi, unmiele senza apiche, adulterato e miscelato con quello naturale per nascondere la contraffazione, viene venduto a circa 1,50/1,70 euro al chilo, prezzo insostenibile per gli apicoltori nostrani che, seguendo le regole e garantendo ai consumatori un prodotto genuino e di qualità, sostengono costi di produzione molto più alti (si parla di circa 4 euro/kg).

L’allarme, già lanciato nei mesi scorsi da Cia-Agricoltori Italiani, è stato recentemente ribadito, nel corso di un’audizione informale presso la Commissione Agricoltura del Senato, dai rappresentanti dell'Associazione Apicoltori Professionisti Italiani (AAPI) e del COnsorzio Nazionale APIcoltori (CONAPI).

Il nettare delle api è al terzo posto tra i dieci alimenti maggiormente a rischio di frode alimentare, che viene effettuata aggiungendo zuccheri (il miele viene in sostanza diluito con sciroppi vari, prodotti a partire da riso, mais e barbabietola) e con metodologie di produzione non conformi alle norme europee, in cui l’uomo, fuori dall'alveare, si sostituisce alle api nella realizzazione del laborioso processo di maturazione del miele. Ilfalsomiele, difficile da rilevare con i controlli effettuati alle frontiere, crea una concorrenza sleale che sta fortemente penalizzando l’apicoltura italiana, che ha già registrato nel 2019 perdite per 70 milioni di euro, flagellata anche dal problema dei cambiamenti climatici che hanno portato ad un crollo della produzione (-50%).

A tutela del settore, Cia-Agricoltori Italiani ha proposto all’UE l’imposizione ai mieli importati da paesi terzi della conformità con la definizione europea di miele, miele che deve essere di produzione esclusiva delle api mellifere e senza l'aggiunta di altra sostanza (la Direttiva 2001/110/CE riporta la seguente definizione di miele: “Sostanza dolce naturale che le api producono dal nettare di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o dalle sostanze secrete da insetti succhiatori, che si trovano su parti vive di piante, che esse bottinano, trasformano combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare”). Si richiedono anche maggiori controlli ai confini UE e nuove metodologie di analisi, al passo con le adulterazioni, sempre più sofisticate, oltre all'introduzione dell'etichettatura del paese di origine sulle miscele di miele, per evitare frodi.

Tali proposte, atte a contrastare l’arrivo in Italia di un prodotto che ha la caratteristica di essere parzialmente sofisticato, sono state ribadite in Senato da AAPI e CONAPI che si sono anche soffermati sulla necessità di attivare campagne a sostegno del miele italiano che potrebbero essere articolate su diversi fronti, quali l’educazione alimentare, la promozione del consumo e l’informazione sul duplice valore nutrizionale ed ambientale, con lo scopo di rivitalizzarne i consumi, diversificarne gli usi e favorire la conoscenza del patrimonio dei mieli nazionali sia unifloreali che millefiori.

La flessione produttiva di miele, causata dai cambiamenti atmosferici negli ultimi anni, è un problema che affligge tutta l’apicoltura mondiale, ma sembra non riguardare la Cina che, invece, aumenta la capacità produttiva di anno in anno (è bene qui ricordare che la Cina, che non vieta, ed anzi sostiene la diluzione, è il primo produttore mondiale di miele con 543.000 tonnellate nel 2018, in pratica più di un quarto del totale). Le esportazioni di miele in Europa, a prezzi così fortemente concorrenziali, si attestano sulle 80.000 tonnellate, avvalorando i sospetti diffusi nella comunità scientifica internazionale. La produzione artigianale, più rapida ed economica, accelera, infatti, i processi di deumidificazione e maturazione che le api effettuano con tempi molto più dilatati, ma rendono il prodotto finale privo delle caratteristiche di genuinità del miele.

Il danno economico derivante dalle difficoltà di mercato per gli apicoltori italiani sta, dunque, mettendo in ginocchio un comparto che in Italia conta 63.000 apicoltori, un milione e mezzo di alveari, 220.000 sciami, 23.000 tonnellate di prodotto e oltre 60 varietà. Le pesanti ricadute della concorrenza del “falso” miele cinese, non riguardano solo la filiera, ma tutta l’agricoltura italiana che dipende al 70% dalle api nella loro funzione di impollinatori. Una crisi ulteriore del settore metterebbe, infatti, a rischio la sicurezza alimentare del Paese e i nostri prodotti agricoli, simbolo di tipicità e biodiversità.

 

Foto di copertina: Pixabay

 

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