Il microbiota in oncologia: il nostro ecosistema di batteri, un’arma per colpire il cancro

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Redazione
17/02/2020 - 03:48

Esiste una relazione tra microbiota e tumore? Come influisce il nostro patrimonio di batteri sulle infiammazioni e che ruolo ha nella risposta dei pazienti alle terapie oncologiche? L'argomento è stato affrontato qualche tempo fa da esperti di tutto il mondo durante il convegno internazionale "MIBIOC - The Way of the Microbiota in Cancer" presso l'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.

«Si è sempre pensato che ci fosse una correlazione tra laflora batterica”, e quindi il microbiota, e il nostro organismo: oggi grazie allo studio di comunità microbiche, cioè la metagenomica, sappiamo che la popolazione batterica svolge un ruolo fondamentale nel mantenimento dello stato di salute dell’organismo ospitante», spiega Riccardo Valdagni, presidente di MIBIOC, direttore Struttura Complessa Radioterapia Oncologica 1 e direttore Programma Prostata, Istituto dei Tumori di Milano. «Gli studi sul microbiota in ambito oncologico sono molto recenti, il primo risale al 2009 e da allora ne sono stati condotti 4.000, dei quali il 50% sono studi preclinici, pochissimi ancora gli studi clinici. Tuttavia ci sono dei solidi indizi che ci spingono ad approfondire l’argomento e che ci auguriamo possano portare verso mete importanti», aggiunge l’esperto.

«Studiare il microbiota vuol dire valutare come un meta-organismo formato da cellule umane e microbi commensali che vivono nel nostro corpo - anche un 1,5 kg solo nel nostro intestino - sia in grado di interagire con alcuni aspetti della nostra esistenza e possa anche essere modificato dalla vita stessa, soprattutto attraverso interventi che abbiano l'obbiettivo di modulare l'efficacia delle terapie contro il cancro», precisa Giovanni Apolone, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale dei Tumori.

Ogni individuo acquisisce al momento della nascita il suo personale microbiota, che sarà il compagno di tutta la vita, e parte integrante dei suoi meccanismi di difesa: un insieme estremamente eterogeneo di batteri, protozoi, funghi e virus che costituiscono la barriera tra l’ambiente esterno e l’interno del nostro organismo. La sua forza è nella diversità, un microbioma ad alta diversità può mantenere determinate funzioni ed è solitamente garanzia di un sistema immunitario sano, mentre un microbioma a bassa diversità può andare più facilmente incontro a carenze e può causare difese immuni alterate. «I batteri dell’intestino esplicano diverse funzioni fisiologiche, ma principalmente formano una barriera fisico-chimica che protegge l’epitelio intestinale dall’attacco da parte di sostanze tossiche o di altri batteri in grado di causare diverse patologie. Da qui la relazione tra microbiota e alcune malattie infettive, infiammatorie croniche, autoimmuni e tumori», aggiunge Claudio Vernieri, Struttura Complessa Oncologia Medica 1, Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.

«Mantenere un buon equilibrio tra batteri, funghi e virus che convivono nel nostro intestino ma anche nella bocca, sulla cute e nelle vie genito-urinarie è fondamentale per far funzionare al meglio il nostro organismo: è necessario infatti evitare la sopraffazione di un gruppo di batteri, virus, funghi o protozoi rispetto ad un altro per ridurre la concentrazione di molecole pro-infiammatorie nel sangue. Allo stato attuale ci sono segni evidenti che il microbiota possa influenzare lo sviluppo di un tumore, ma come questo accada è ancora oggetto di studio. Ciò nonostante, è innegabile come i risultati finora ottenuti abbiano aperto la porta ad una nuova e promettente area di ricerca per la cura del cancro che coinvolga il microbiota come parte integrante del nostro organismo e delle nostre difese», afferma Valdagni.

In questo contesto recenti studi preclinici e pochi studi clinici incentrati su diversi tipi di tumore supportano il ruolo chiave del microbiota intestinale (e in minor misura del microbiota salivare) nel modulare la risposta dell’ospite ai farmaci chemioterapici, alla radioterapia e alla immunoterapia. Il profilo di microbiota, pur non essendo ancora un biomarcatore validato, sembra però impattare non solo sull’efficacia delle terapie antitumorali, ma anche sulle tossicità derivanti dalle stesse.

Il Dipartimento di Radioterapia di INT, in collaborazione con il Dipartimento di Oncologia Sperimentale, sta conducendo uno studio avviato ormai tre anni fa e prossimo alla conclusione con lo scopo di cercare di predire quali tra i pazienti, che ricevono radioterapia con scopo curativo per i tumori della prostata e testa collo, sono più soggetti di altri a riportare effetti collaterali.

«Circa il 10% dei pazienti con tumore alla prostata è più sensibile e a rischio di effetti collaterali anche severi e questa percentuale aumenta drammaticamente durante e dopo la radioterapia per i tumori della testa e collo», spiega Ester Orlandi, Struttura Complessa Radioterapia Oncologica 2, Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. «Lo studio che stiamo facendo in Istituto si propone di affrontare il tema della sensibilità individuale alla radiazione con un approccio innovativo, cercando cioè di stabilire l’esistenza di una associazione tra il tipo di microbiota e la probabilità di sviluppare effetti collaterali della radioterapia. Questo ci darà la possibilità di comprendere il ruolo del microbiota per il trattamento personalizzato dei tumori e in un futuro sviluppare strumenti, incluso quello dietetico, o anche probiotici e batteri sinteticamente ingegnerizzati attraverso i quali manipolare il microbiota stesso a fini terapeutici».

Il microbiota influenza in maniera attiva e importante anche l’efficacia della risposta all’immunoterapia, trattamento oncologico ormai standard per diversi tipi di malattia. Diversi studi hanno osservato che i pazienti in cui l’immunoterapia è efficace hanno un microbioma intestinale molto ricco di specie diverse, mentre nei pazienti resistenti a questo trattamento il repertorio del microbioma è più limitato.

«L’evidenza che un microbioma ricco in termini di diversità sia garanzia di un sistema immunitario più efficiente sembra quindi consolidata», precisa Licia Rivoltini, responsabile della Struttura Semplice Dipartimentale Immunoterapia dei Tumori Umani, Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.«Quindi, una dieta sana sembra essere al momento attuale un primo importante strumento di modulazione del microbioma nel regolare la risposta immunitaria antitumore».

Un’altra delle poche implicazioni cliniche immediate riguarda l’uso degli antibiotici in pazienti oncologici sottoposti a immunoterapia. Infatti, data l’azione negativa che alcuni antibiotici possono svolgere sul microbioma, si cerca attualmente di limitare l’uso di questi farmaci nei pazienti oncologici che inizino un trattamento immunoterapico, con l’idea di non alterare l’equilibrio del microbioma nelle delicate fasi di attivazione della risposta immunitaria antitumore. «Allo stesso modo l’uso dei probiotici è ancora da approfondire – spiega Cecilia Gavazzi, responsabile della Struttura Semplice Dipartimentale Nutrizione Clinica, Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.«Da un lato vi è l’indicazione all’utilizzo di probiotici contenenti lattobacilli per la prevenzione della diarrea, in pazienti con malattia addominale e candidati a chemio-radioterapia ma dall’altro ne è sconsigliato l’uso indiscriminato, specialmente se il paziente è immunodepresso per un possibile rischio di eventi avversi», aggiunge l’esperta.

«La grande speranza è ovviamente quella di capire se attraverso una manipolazione del microbioma si possa un giorno rendere sensibili al controllo del sistema immunitario quei tumori che di natura non lo sono», conclude Valdagni. «Molte sono le strategie in corso di studio, dal trapianto fecale ai prebiotici, i probiotici e vari interventi dietetici specifici. Non abbiamo però ancora alcuna indicazione in merito alla reale utilità di questo tipo di interventi, né che esistano microbi più o meno in grado di influenzare favorevolmente la risposta immunitaria antitumore».

 

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