
Centroinbici: un’analisi sulla risposta italiana al bike-sharing

Decine di comuni, migliaia di bici, una sola chiave. Si presenta così il progetto “Centroinbici”, il servizio italiano di Bike Sharing che ha come obiettivo quello di riempire le città di biciclette e svuotarle sempre più da auto e moto. Torino, Bologna, Modena, Riccione, Aosta, Piacenza, Alessandria e Pesaro sono solo alcuni tra i comuni che hanno aderito all’iniziativa. Occorre considerarlo un semplice noleggio? In realtà, si tratta di qualcosa di diverso: ad essere ceduta non è la bicicletta, ma una chiave con la quale è possibile in qualunque momento prenderne una in prestito. Che andrà successivamente restituita nello stesso stallo dal quale è stata prelevata entro le prime ore della sera. La possibilità di utilizzare le biciclette in diverse città con un’unica chiave permetterebbe a ogni utente di utilizzare i mezzi pubblici per spostarsi da un centro all’altro e di prendere una nuova bici all’occorrenza. Il tutto a un prezzo irrisorio: nella maggior parte delle città l’unico costo è rappresentato dalla registrazione una tantum al servizio che comporta il versamento di una somma che varia dai 10 ai 25 euro. Una pietra miliare della mobilità sostenibile e una vera e propria ‘manna dal cielo’ per i pendolari, verrebbe quasi da esclamare. Confrontando però i regolamenti dei comuni aderenti si scopre che il servizio e la sua fruibilità presentano qualche differenza. A Bologna, ad esempio, il bike sharing è limitato ai soli residenti e domiciliati nel comune emiliano. Fortunatamente, però, nella maggior parte delle città (come Alessandria, Aosta, Ferrara,Teramo e Vercelli) il servizio è aperto anche a tutti coloro che dimostrano di essere studenti o lavoratori. Dichiaratamente disponibili ad accogliere le richieste dei turisti, le località balneari di Rimini, Riccione e Pesaro. La città di Ravenna, addirittura, ha riservato ai visitatori del centro un discreto numero di bici dal colore diverso per distinguerle da quelle usufruibili dai cittadini. Nella maggior parte dei comuni l’utilizzo delle biciclette è totalmente gratuito. Non è esattamente così a Torino, Padova e Brescia: in queste città il servizio è gratis entro la prima mezz’ora o entro i primi quarantacinque minuti. Il pagamento per i minuti o le ore eccedenti viene effettuato attraverso una tessera magnetica: ciò rende incompatibile il servizio con gli utenti di Centroinbici delle regioni del centro e dell’Emilia Romagna che dispongono invece di una chiave meccanica. Diverse inoltre le responsabilità in caso di furto della bici: in alcuni comuni dimostrando (con un’apposita chiave) di aver chiuso il lucchetto dato in dotazione, non è previsto alcun contributo economico da sborsare. Ma in altre città, pur dimostrando di aver adottato gli accorgimenti di sicurezza, secondo il contratto va versato un corrispettivo che varia dai 150 fino ai 300 euro. “Centroinbici” risulta essere un servizio utile, pratico e economico, ma appare dunque un po’ meno “unico” rispetto ai suoi propositi. E mentre 12 città dell’Emilia Romagna (tra cui molte già aderenti a Centroinbici) hanno accolto il progetto simile “Mi muovo in bici”, Latina e Verona hanno dismesso il loro servizio di bike sharing. Per un’Italia completamente in bici resta ancora un po’ di strada. Da pedalare.
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