Donazione di Sangue. Talassemia e drepanocitosi, quale futuro?
Il 14 giugno viene celebrato, in tutto il mondo, il XX World Blood Donor Day voluto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per ringraziare i donatori e sensibilizzare la cittadinanza alla cultura del dono e degli stili di vita sani.
È anche l’occasione per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla necessità e sull’urgenza di porre il Sistema Sanitario nel suo complesso nella condizione di poter riuscire ad assicurare le dovute cure per patologie che, dati alla mano, sembrano avere un’incidenza sempre crescente, come la talassemia e la drepanocitosi.
L'anemia mediterranea (o talassemia) e l’anemia falciforme (o drepanocitosi) sono malattie ereditarie del sangue che colpiscono i globuli rossi inficiando la loro capacità di trasportare l'ossigeno agli organi ed ai tessuti del corpo; entrambe richiedono un trattamento con cui si deve convivere fino alla fine dei propri giorni e, soprattutto, causano una diminuzione sia della qualità che dell'aspettativa di vita dei pazienti.
Talassemia e drepanocitosi - come, peraltro, altre anemie - necessitano di indispensabili periodiche trasfusioni e, quindi, di notevoli disponibilità di sangue. Sempre!
Decisive e insuperabili sono, quindi, le questioni legate all’approvvigionamento delle necessarie quantità della preziosa e rara risorsa per coprire i fabbisogni.
Nevralgiche risultano, pertanto, le azioni e le scelte che, data la natura della materia, non ammettono alcuna improvvisazione, come pure nessun ricorso a pseudo misure-tampone inventate al momento del bisogno. Un paese civile e solidale non può, perciò, prescindere da una dovuta ed affidabile programmazione. Difficile (ma resta “dovuta”) anche quando - come per le patologie in esame - una corretta pianificazione risulta problematica, di ostica scrittura, prestandosi al massimo alla formulazione di ipotesi con probabili stime appena tendenziali.
A fronte di continenti sempre più interconnessi, si hanno vaste aree interessate al fenomeno che non offrono ancora adeguati e affidabili studi epidemiologici per sapere quanto si dovrebbe su queste malattie.
Che - è bene ricordarlo - sono ereditarie e, sicuramente, ben presenti negli inarrestabili flussi migratori, molti dei quali provenienti dalle aree fortemente endemiche.
In tanti momenti di questi ultimi decenni si è trattato di veri e propri esodi di massa che hanno avuto numeri incontrollati e che si sono sommati a quelli che, a più riprese ma in quantità sempre significative, avevano interessato l’intera Europa già a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso.
E che hanno e continuano a portare (ed è estremamente improbabile il contrario), oltre che pazienti affetti sia da talassemia che da anemia falciforme e da forme congiunte, anche un sicuro ma indefinito numero di portatori sani (che, in quanto asintomatici, restano - ancor oggi, anche nei paesi più avanzati - di improbabile e, comunque, di non evidente e pronta identificazione).
Certo in questi casi gli opportuni screening servirebbero per attrezzarsi a prevenire e, quindi, contenere, per il futuro, le eventuali ricadute negative, ma - con la dovuta onestà intellettuale - come non tener conto di quante, dove e come sono state, fin qui, effettuate tali campagne di opportuna conoscenza?
Un interrogativo, questo, che, ovviamente, non coinvolge solo il nostro Paese e che, comunque e purtroppo, non può affatto escludere la quasi (?) certezza che il prossimo futuro possa contare sia un maggior numero di malati talassemici conclamati sia una più alta presenza di portatori sani che, perché tali, potrebbero, a loro volta, influire nel futuro che seguirà.
Prevenzione e ricerca appaiono, quindi e senza alcun dubbio, obiettivi da potenziare. Ed adeguatamente.
Anzi, ancor più che “adeguatamente” perché i notevoli progressi degli ultimi tempi hanno permesso sì di ottenere risultati importanti, addirittura insperabili solo fino a poco tempo addietro, ma che non possono essere considerati sufficienti per ritenere di essere nella piena condizione di gestirne le implicazioni.
Si tratta, infatti, di questioni complesse e con variabili divaricanti, come, ad esempio, le forme di ereditarietà, diverse a seconda si tratti di anemia mediterranea o di anemia falciforme.
Mentre i portatori sani di drepanocitosi (i soggetti, cioè, che presentano la mutazione di un gene che controlla la produzione di emoglobina, la proteina globulare dei globuli rossi che si lega all'ossigeno e lo trasporta nell'organismo) trasmettono la malattia per eredità autosomica recessiva: è necessario, cioè, che entrambi i genitori siano portatori sani della malattia.
- 25% di possibilità (1 su 4) che il figlio sia perfettamente sano (nessuna copia difettosa);
- 50% di possibilità (1 su 2) che il figlio sia portatore sano (in genere nessun sintomo se non in forma lieve, ma la presenza di una copia difettosa);
- 25% di possibilità (1 su 4) che il figlio sia malato, ereditando due copie del gene difettoso (una da ciascun genitore).
Guardando in prospettiva, non sembra secondario ricordare che la drepanocitosi viene, già oggi, classificata come una delle malattie genetiche più diffuse al mondo (più di 13 milioni di persone affette, di cui circa 40.000 in Europa). Al vecchio continente viene, inoltre, ricondotta un’incidenza di circa 300-400.000 nuovi nati/anno ed una previsione in aumento al 2050 pari al 30% circa. Ma - come è facile dedurre - si tratta di dati altamente insicuri perché partono da stime costruite su un pregresso di breve periodo e di aree assai limitate. Ragioni che hanno portato l’Organizzazione Mondiale della Sanità a riconoscere la drepanocitosi come un problema globale di salute pubblica e a raccomandare una particolare vigilanza dei flussi migratori dalle regioni particolarmente endemiche come l’Africa subsahariana ed i Balcani.
La conoscenza dell’effettiva consistenza dei portatori sani costituisce - data l’ereditarietà, peraltro, come visto, differenziata - la variabile imprescindibile per cercare di orientarsi verso stime attendibili sulla futura presenza di talassemici e di pazienti con drepanocitosi, che avranno, poi, necessità di poter disporre, mediamente, da una a tre sacche di sangue ogni due-tre settimane.
Mancando un’affidabile quantificazione di tutti i portatori sani (presenti oggi ed ai quali se ne potrebbero aggiungere tanti, anche tantissimi altri, già a partire da domani) le programmazioni del sangue occorrente nei prossimi anni potranno discostarsi (ed anche in modo significativo) dal concreto e, pertanto, risultare inadeguate ai reali bisogni.
Per evitare - o, meglio, per cercare di contenere - le conseguenti pesanti ricadute negative appare, per questo motivo, quanto mai auspicabile:
- che vengano, adeguatamente, potenziate le indagini conoscitive (sull’esistente e sui flussi) e le campagne di sensibilizzazione per costruire (e via via aggiornare) ipotesi credibili sulla effettiva realtà dei portatori sani;
- che vengano, massicciamente, incrementati i volumi di sangue oggi destinati a queste due patologie.
Per le prime risulta importantissimo il ruolo delle Istituzioni competenti. Che, da solo, però, non può bastare. Appare, infatti, indispensabile poter contare su un adeguato e costante apporto da parte delle diverse espressioni della società civile e della sussidiarietà: è, infatti, di sicuro, velleitario e, soprattutto, perdente rimandare al solo Pubblico quanto il Privato Sociale può fare (presto e meglio) peraltro affiancando e sostenendo l’azione di entità già impegnate, con passione e risultati apprezzabili, in questo stesso campo, come le associazioni di volontariato di tutela dei pazienti e quelle dei donatori di sangue.
Per quanto riguarda, poi, l’incremento dei volumi di sangue disponibile - pur non sottovalutando le responsabilità ed i limiti delle Istituzioni e degli aggregati sociali prima citati - imprescindibile e insostituibile resta comunque il grado di concreta coerenza dei tantissimi singoli cittadini che, pur sapendo e convenendo - in linea astratta - sulle ragioni della donazione di sangue, ritengono privilegiare motivazioni ostative alla donazione, d’altronde non sempre fondate e, spesso, mai verificate. O, peggio, preferire comportamenti egoistici in antitesi con i valori della solidarietà e del civismo.
Non appare, quindi, forzato e neppure arbitrario arrivare a concludere che - soprattutto, anzi esclusivamente - da loro dipende la disponibilità (pronta e sicura) di quei quantitativi di sangue che darebbero serenità ai più di 2.000 pazienti siciliani affetti, in atto, da anemia mediterranea e da anemia falciforme.
È, quindi, auspicabile e quanto mai atteso un significativo scatto di grande civismo solidaristico dell’intera comunità, tale da far superare le incertezze e le precarietà che le empiriche (e, comunque, oggi scarse e, soprattutto, contese) disponibilità di sangue comportano, specie nei periodi estivi quando il numero delle donazioni subisce importanti flessioni.
Il tutto per arrivare, con adeguati, periodici e consolidati conferimenti, a conseguire quella vera e sostanziale autosufficienza che sarà tale solamente quando saranno un lontano ricordo i drammatici equilibrismi di oggi che, per non gravare in modo insostenibile su alcuni pazienti come i talassemici e i malati di anemia falciforme (ma, purtroppo, il problema non riguarda solo loro), portano a disattendere il dovuto approvvigionamento di sangue per la produzione dei plasmaderivati, farmaci quanto mai urgenti ed indispensabili per la cura di altre gravi e pericolose patologie; per non parlare, infine, di quanto necessiterebbe per sostenere anche solo le più promettenti ricerche in questo campo.
L'articolo che avete appena letto è il quarto di una serie di cinque che viene dedicata alla Campagna di Sensibilizzazione alla Donazione del Sangue e degli Emoderivati avviata da A.D.A.S.
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In copertina: Foto di Sabin Urcelay da Pixabay
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Catanese, dopo una lunga esperienza sindacale nel comparto della Pubblica Amministrazione, si dedica - nei primissimi anni Novanta del secolo scorso, sulle pagine del quotidiano del pomeriggio di Catania Espresso Sera - all’impegno sociale e civile finalizzato a raccogliere e far emergere le condizioni e le aspettative delle singole 17 Circoscrizioni in cui, all’epoca, era suddiviso il capoluogo etneo.
Dopo la chiusura del giornale, trasferisce lo stesso impegno sulle colonne del settimanale Prospettive, accompagnandolo - con ravvicinata periodicità - a spazi dedicati alle iniziative delle associazioni di volontariato attive nel territorio.
Ha curato il notiziario del Consiglio Provinciale Etneo della Consociazione dei Gruppi Donatori di Sangue “Fratres”, la newsletter della sezione “Antonio Farsaci” del Tribunale per i Diritti del Malato di Catania ed il Bollettino della Conferenza dei Comitati Consultivi delle Aziende Sanitarie della Regione Siciliana.
Con ilpapaverorossoweb torna in campo per un percorso di ricerca e proposizione di frammenti di quanto si sta muovendo nel vasto ed ancora indefinito universo della digitalizzazione sanitaria e della telemedicina in modo da cercare di coinvolgere e stimolare conoscenze e contributi su una materia che, comunque, pregnerà e condizionerà sempre di più l'esercizio della sanità nonché per proporre elementi di conoscenza riguardanti peculiari aree ambientali, come le 74 riserve naturali della Sicilia.