Etna, il “cronometro” delle eruzioni
L’energia dell’eruzione in superficie è strettamente correlata con la velocità di risalita dei magmi.
A dimostrarlo è un nuovo studio condotto dal dottor Francesco Zuccarello nell’ambito del Dottorato di Ricerca in Scienze della Terra e dell’Ambiente al Dipartimento di Scienze Biologiche Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania.
Un lavoro svolto sotto la supervisione del professor Marco Viccaro, docente di Geochimica e Vulcanologia dell’Università di Catania e in collaborazione con la dottoressa Federica Schiavi del Laboratoire Magmas et Volcans dell’Université Clermont-Auvergne.
«L’approccio micro-analitico altamente innovativo utilizzato nello studio ha consentito di ricavare i tassi di decompressione cui sono sottoposti i magmi nella crosta per tre importanti eruzioni recenti dell’Etna caratterizzate da energie marcatamente differenti, ovvero in ordine crescente: l’eruzione debolmente esplosiva del 24-27 dicembre 2018, l’eruzione parossistica del Cratere di Sud Est del 19 febbraio 2013 e la straordinaria eruzione del cratere Voragine del 3 dicembre 2015, probabilmente la più violenta attività eruttiva al vulcano degli ultimi 20 anni. La ricerca dimostra come l’energia dell’eruzione in superficie sia strettamente correlata con i tassi di decompressione, traducibili di fatto in velocità di risalita dei magmi», spiega il dottor Francesco Zuccarello.
«È una scoperta sensazionale che enfatizza come l’abilità del vulcano Etna nel trasferire i magmi attraverso le parti superiori del suo sistema di alimentazione possa cambiare repentinamente, anche quando sono coinvolti magmi del tutto simili dal punto di vista chimico e fisico. La possibilità di perdere il quantitativo originale di gas più o meno efficientemente è dunque funzione delle velocità di risalita e costituisce il fattore primario di controllo dell’energia dell’attività eruttiva. Aver derivato le scale temporali con cui avvengono i processi di risalita è novità assoluta per un vulcano attivo come l’Etna e consente di avere ulteriori elementi per la valutazione della pericolosità associata alla sua attività esplosiva e, dunque, per la mitigazione di eventuali rischi correlati», sottolinea in conclusione il professor Marco Viccaro.
In copertina: Un’immagine dell’eruzione del 3 dicembre 2015 - Foto di Marco Restivo
All’interno dell’articolo: Le immagini delle eruzioni del 19 febbraio 2013 e del 24 dicembre 2018 - Foto di Francesco Zuccarello
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