Tatuaggi, rischiano di occultare i melanomi

Autore:
Redazione
17/09/2021 - 05:19

Arte antica quella del tatuaggio. Infatti, anche se il termine “tattoo” è stato coniato dopo la metà del Settecento dal capitano inglese James Cook, i primi riscontri di una sua pratica risalgono addirittura a ben 30.000 anni fa.

Ed oggi, a testimoniare una “moda” che non passa mai, circa il 20% della popolazione europea ha un tatuaggio, in sostanza oltre 60 milioni di persone. Numeri che sono in continua crescita.

«Di questi 7 milioni sono italiani, le donne sono un po’ più degli uomini, ma non sappiamo quanti sono quelli che hanno tatuaggi estesi su ampie aree corporee che sono quelli che più facilmente possono nascondere un neo sospetto», dichiara Ignazio Stanganelli, presidente dell’Intergruppo Melanoma Italiano (IMI), direttore della Skin Cancer Unit IRCCS Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori e professore associato dell’Università di Parma. Una questione non da poco visto che proprio la diagnosi di melanoma, tumore della pelle particolarmente aggressivo, può essere non facile nella pelle ricoperta dai tatuaggi, per la difficoltà di individuare o valutare il neo sospetto.

L’età media del primo tatuaggio, secondo una recente indagine dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), è circa 25 anni anche se il numero maggiore di tatuati rientra nella fascia d’età tra i 35 e i 44 anni (23,9%). Chi si tatua lo fa per ragioni principalmente estetiche (96,5%) contro lo 0,5% che lo ha fatto con finalità mediche e il 3% come trucco permanente. Il 12,8% della popolazione del nostro paese è tatuata, percentuale che sale al 13,2% se si considerano anche gli ex-tatuati (in Italia, del resto, l’ISTAT dal 2016 ha fatto rientrare la voce tatuaggi nel suo paniere).

C’è un però, come afferma Giuseppe Scarcella, responsabile nazionale del dipartimento Laser & Hight tech ISPLAD: «Una persona su quattro si pente e si rivolge ai dermatologi per farsi togliere il tattoo». Un pentimento che rappresenta una scelta non facile in un settore che, soprattutto nei mesi delle chiusure causate dalla pandemia, ha visto dilagare l’abusivismo, con aumentati rischi sanitari.

Tutte queste informazioni emergono da un recente webinar che, intitolato Il melanoma nascosto nel tatuaggio ed organizzato da Intergruppo Melanoma Italiano, lancia un allarme ulteriore: il 7,7% di chi si è sottoposto a questa pratica è un minore di età compresa tra i 12 e i 18 anni.

«Un dato preoccupante visto che i tatuaggi su un minorenne si possono eseguire solo dai 16 anni in poi ed occorre comunque una liberatoria scritta dei genitori. Purtroppo, la normativa è regionale per quanto riguarda le sanzioni, ma in ogni caso sotto i 16 anni è vietato per legge», sottolinea Scarcella.

Non solo: il consenso informato viene firmato da appena il 26.8% di chi si sottopone a questa pratica, che comunque comporta dei rischi. Il 3,3% dei tatuati ha, infatti, avuto una complicanza più o meno importante, percentuale che sale al 6,6% in caso predominino gli inchiostri rossi o gialli.

«Tra i più comuni ci sono dolore (39,3% dei casi), eczema e prurito (26,7%), allergie ai colori (17,5%) e si possono scatenare anche reazioni granulomatose (27,7%) da corpo estraneo o simil-sarcoidee; reazioni pseudolinfomatose e reazioni pseudoepiteliomatose. In ogni caso, più della metà delle persone che ha avuto una reazione non ha consultato nessuno. Il 20% si è rivolto al tatuatore, il 10% ad un dermatologo e un altro 10% al medico di base», aggiunge Scarcella.

Numeri che fanno riflettere sulla dimensione di un fenomeno che proprio per la sua natura invasiva necessita di una regolamentazione specifica ed armonizzata che in Italia ancora non esiste. Attualmente nel nostro Paese sono abilitati ad effettuare questa pratica solo coloro che sono in possesso dell’attestato di frequenza di uno specifico corso di formazione regionale e che operino nel rispetto dei requisiti igienico-sanitari previsti dalle linee guida del Ministero della Salute. Secondo l’ultimo censimento dell’Istituto Superiore di Sanità nel dicembre 2017 i saloni autorizzati in Italia erano 4.103, tuttavia secondo l’Associazione Tatuatori ad oggi questa cifra è raddoppiata. Una crescita esponenziale che da decenni attende di essere disciplinata.

«È da anni che ci battiamo affinché la nostra professione venga regolamentata a livello nazionale. Chiediamo linee guida chiare per quanto riguarda la formazione e che il riconoscimento sia nazionale e non regionale, come tuttora. Solo così si può garantire una sicurezza igienico-sanitaria di elevata qualità a tutela di tutti ed in grado di contrastare l’abusivismo, fenomeno che è sempre esistito e che durante la pandemia, con le zone rosse e la chiusura dei centri autorizzati, ha registrato un vero e proprio boom», dichiara Massimiliano “Crez” Freguja, rappresentante per il Veneto dell’Associazione Tatuatori.it.

Di qui l’appello ad un progetto di legge che regolamenti tutto il settore e la richiesta di una formazione adeguata per poter esercitare la professione.

«Purtroppo - continua il tatuatore - ne sono stati presentati diversi, ma non riescono a venire alla luce». Una situazione che espone la categoria e i suoi clienti ad un possibile incremento delle problematiche correlate a questa pratica, senza contare che ben il 13.4% dei soggetti tatuati si è rivolto altrove esponendosi probabilmente a rischi superiori. Una situazione esacerbata dal Covid-19. Con la chiusura dei centri autorizzati nelle zone rosse si è registrato un vero e proprio boom di abusivi, con un potenziale aumento dei rischi per chi si sottopone ai tatuaggi.

In questo frangente è fondamentale più che mai anche il ruolo nel campo dell'informazione fornita delle associazioni dei pazienti.

«Un adeguato programma divulgativo favorirebbe la consapevolezza dei rischi e funge da guida per un migliore stile di vita, potenziando la relazione tra clinici ed utenti. Grazie alle Campagne di sensibilizzazione ed educazione, il melanoma è sempre più frequentemente riconosciuto dalla persona che ne è affetta o da un suo familiare nelle fasi iniziali e di conseguenza è necessario aggiornare costantemente tutte le informazioni relative a questo tumore della pelle altamente aggressivo, dalla prevenzione, diagnosi e cura al settore dell’assistenza e del sostegno ai malati», conclude Giovanna Niero, presidente dell’Associazione Italiana Malati di Melanoma.

 

In copertina: Foto di Lucas Lenzi su Unsplash

 

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