Il cemento sgretola l'Italia: le cifre del disastro

Autore:
Redazione
07/12/2015 - 08:59
Frana su A18
Corsia dell'Autostrada A18 bloccata da una frana a ottobre 2015 (Foto da BlogSicilia)

L’immagine più realistica è quella di un cancro che, con costanza e velocità, aggredisce sempre di più un tessuto sano, portandolo rapidamente alla morte. Se paragoniamo la metafora ai dati sconfortanti che riguardano la cementificazione in Italia, scopriremo che il confronto è tutt’altro che eccessivo. L’eccedenza di cemento sta letteralmente distruggendo quanto di buono, fino a trent’anni fa, si poteva godere nella nostra Penisola. Aree coltivate, boschi, litorali: tutto spazzato via dalla bramosia del potere politico –amministrativo che ha prodotto un assorbimento del suolo che sembra non avere rallentamenti.

Dagli studi effettuati dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) emerge un fenomeno che tra il 2008 e il 2013 ha riguardato mediamente 55 ettari al giorno. I dati mostrano come a livello nazionale il suolo consumato sia passato dal 2,7% degli anni ’50 al 7,0% di oggi. Il nostro paese ha un livello di consumo di suolo tra i più alti d’Europa, stimato attorno al 7,8%, contro il 4,6% della media dell’Unione Europea. Il progressivo assorbimento del suolo riguarda in maniera particolare il Settentrione, ma il Sud non rappresenta certo un’isola felice. Fra l’altro questa vorace occupazione di suolo va in controtendenza con i dati che riguardano l’utilizzo degli immobili. Dai numeri dell’OLT (Osservatorio sui Laboratori Territoriali) si calcola che in Italia ci siano oltre 7 milioni di abitazioni inutilizzate (22%), percentuale che si impenna in Sicilia (33%).

Esempio di consumo di suolo agricolo

I valori percentuali del suolo consumato tendono a crescere avvicinandosi alla fascia costiera. I numeri che ci riguardano sono inquietanti: da un dossier di Legambiente (valutato su 13 regioni) si attesta che degli 8mila km di coste presenti sul suolo italico il 56,2% del suolo è stato trasformato dall’urbanizzazione. Dall’introduzione delle legge Galasso, nel 1985, oltre 220 km di paesaggio costiero è stato sostituito dal cemento. Numeri che vanno in controtendenza con quelli del settore delle costruzioni, che nell’ultimo quinquennio ha riscontrato un ribasso del 32%.Come se non bastasse le restanti coste del belpaese potrebbero ben presto fronteggiare nuove offensive, causate – a detta delle associazioni ambientaliste – dalla recente approvazione della Legge Madia, la legge del silenzio/assenso che prevede che in caso di ritardo di oltre 90 giorni da parte della soprintendenza i termini e le condizioni per l’acquisizione del parere decadranno. In questo modo il nostro territorio rischia seriamente di essere sacrificato sull’altare dell’efficienza burocratica.

Il consumo di suolo avanza e continua a generare la perdita irreversibile di preziose risorse ambientali e funzioni ecosistemiche, ha ripercussioni dirette sulla qualità delle acque e dell’aria, sull’equilibrio del territorio, sui cambiamenti climatici, sui fenomeni di dissesto, desertificazione e sulla bellezza del paesaggio. Se negli ultimi anni stanno crescendo le iniziative volte alla riduzione del consumo di suolo, tuttavia continua l’espansione delle aree artificiali, caratterizzate da processi di sprawl, dispersione e diffusione urbana, che portano tra l’altro ad un maggiore consumo di risorse. Ogni giorno il nostro territorio viene silenziosamente occupato da nuovi quartieri residenziali, spesso a bassa densità, da capannoni, spazi commerciali, strade e autostrade che continuano a trasformare la campagna in città.

Quale, dunque, il futuro del nostro ambiente? Decisivi saranno i prossimi anni, con la necessità dell’applicazione di strumenti e politiche che contribuiscano al contenimento dei tassi di crescita. II recupero dei centri storici, forme urbane più compatte, il riuso di aree dismesse attraverso interventi di riqualificazione rappresentano possibili risposte.

 

A cura di Salvo Russo

 

 

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