Tumori, in Italia -17,6% di decessi in 15 anni

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Redazione
17/11/2018 - 10:30

In Italia le morti per cancro diminuiscono in misura maggiore rispetto al resto d’Europa. Il nostro Paese si trova al primo posto in questa classifica: in 15 anni (2001-2016) il calo dei decessi è stato pari al 17,6%, in Francia e Spagna al 16%, nel Regno Unito al 13% e in Germania al 12,3%. Un risultato molto importante, se si considera che l’impatto dei farmaci oncologici sulla spesa farmaceutica totale rimane inferiore a quello degli altri paesi: rappresenta infatti il 13% contro il 17,3% del Regno Unito e il 17% della Germania.

Dal XX Congresso Nazionale AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), che si è aperto ieri a Roma, arriva l’allarme per la tenuta del sistema. «Fino a quest’anno, il Fondo per i farmaci oncologici innovativi, istituito nel 2016 e pari a 500 milioni di euro, è stato sufficiente per coprire i livelli di spesa. Quest’anno non sarà così. Le stime indicano che, nel 2018, le uscite per queste terapie sforeranno la capienza massima del Fondo, raggiungendo una cifra compresa tra 590 e 610 milioni di euro, con un eccesso tra 90 e 110 milioni rispetto al tetto stabilito. Prima dell’istituzione di questa fonte di risorse dedicate, si temeva che il nostro Sistema Sanitario non riuscisse a reggere le conseguenze economiche dovute all’arrivo dei nuovi trattamenti, con il rischio di un suo imminente default. Ipotesi che non si è verificata. In questi anni, non sono stati negati i nuovi farmaci anticancro e la migliore assistenza è stata garantita a tutti i malati, obiettivo raggiunto grazie alla condivisione tra oncologi, istituzioni e pazienti e alla responsabilizzazione dell’industria. Il Fondo di 500 milioni di euro ha offerto un contributo decisivo, diventando una misura strutturale per tre anni. Chiediamo quindi alle istituzioni di riconfermare il Fondo anche nel prossimo triennio e di implementarne l’ammontare», afferma Stefania Gori, presidente nazionale AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) e direttore Dipartimento Oncologico, IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar.

Nel 2018, nel nostro Paese, sono stimati 373.000 nuovi casi di tumore. Il costo dei farmaci anticancro è in costante crescita. In cinque anni (2013-2017) in Italia la spesa per queste terapie è passata da 3,6 a 5 miliardi di euro. Sette farmaci anticancro si collocano tra i primi venti principi attivi erogati nell’ambito dell’assistenza farmaceutica nel 2017.

«Oggi abbiamo a disposizione armi efficaci per combattere la malattia, come l’immunoterapia e le terapie target che si aggiungono alla chemioterapia, ormonoterapia, chirurgia e radioterapia. Tutto questo, unito alle campagne di prevenzione promosse con forza anche da AIOM, si traduce nella riduzione dei decessi e nell’aumento della sopravvivenza. Quasi 3.400.000 cittadini vivono dopo la scoperta della malattia, il 6% dell’intera popolazione. La disponibilità dei farmaci innovativi è strettamente legata anche al miglioramento degli standard della pratica medica, con conseguenti risparmi e riduzioni degli sprechi. E gli oncologi italiani sono sempre più attenti al valore dei trattamenti e alle esigenze di razionalizzazione delle risorse. Vanno però ridotti i tempi di latenza nella disponibilità delle nuove terapie», spiega Giordano Beretta, presidente eletto AIOM e responsabile Oncologia Medica Humanitas Gavazzeni di Bergamo.

Il tempo che trascorre fra il deposito del dossier di autorizzazione e valutazione presso l’agenzia regolatoria europea (EMA – European Medicines Agency) e l’effettiva disponibilità nella prima regione italiana è di circa due anni. «Questo lungo processo può penalizzare fortemente i malati. In Italia diverse disposizioni regolano l’accesso e la prescrizione di farmaci approvati dall’agenzia europea prima del rimborso a carico del Servizio Sanitario Nazionale: è il cosiddetto early access, cioè l’accesso anticipato alle terapie. Questi provvedimenti sono fondamentali, ma devono essere accompagnati da un reale superamento delle differenze ancora presenti sul territorio, causate dai diversi tempi di inserimento di questi farmaci nei Prontuari Terapeutici Regionali», sottolinea Stefania Gori.

«Le evidenze prodotte dal nostro team di ricerca indicano che, all’incremento della spesa riferita ai nuovi farmaci oncologici, si accompagnano riduzioni di costi diretti e indiretti in altre componenti. La regionalizzazione però non può corrispondere alla moltiplicazione dei livelli burocratici e dei centri di valutazione. Serve cogliere il senso della riforma federalista, in modo che la responsabilizzazione sugli aggregati di spesa non si traduca nella moltiplicazione degli standard e delle soluzioni di breve respiro per il contenimento delle uscite di cassa. Inoltre, il sistema di regolazione in campo farmaceutico si è sviluppato nel tempo stratificando tetti di spesa per singoli comparti e a diversi livelli di aggregazione. È urgente pensare a una rimodulazione e a una revisione del sistema dei tetti, rendendo più efficace e rapido l’allineamento degli stanziamenti all’evoluzione dei fabbisogni di terapie», spiega Fabio Pammolli, professore ordinario di Economia e Management al Politecnico di Milano e presidente Fondazione CERM.

«L’industria ha contribuito in modo importante al “rinascimento” della ricerca in ambito farmacologico, in particolare in oncologia. Siamo consapevoli che esista un problema di sostenibilità economica. Per affrontarlo in modo responsabile, occorre superare logiche di finanziamento della spesa a silos, adottando, invece, nuovi modelli di governance, con una visione olistica nella quale le risorse siano allocate in base alla possibilità di migliorare concretamente gli esiti di salute e ridurre sprechi e inefficienze. Occorre, inoltre, mantenere, rendere strutturale ed aumentare uno strumento - come il Fondo - che ha avuto il merito di rendere sempre più fattibile l’accesso ai farmaci innovativi per quelle forme di tumore in cui esiste ancora un medical need. Solo in questo modo le esigenze dei pazienti potranno assumere un ruolo di reale centralità e trovare risposte concrete poiché, come sappiamo, la malattia non aspetta!», conclude Nicoletta Luppi, presidente e amministratore delegato MSD Italia.

 

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