Le trivellazioni fanno tremare l'Italia, in tutti i sensi

Autore:
Andrea Cuscona
28/01/2016 - 09:32

In una fase storica in cui moltissimi Paesi al Mondo stanno adottando politiche energetiche sempre più orientate alla salvaguardia dell'ambiente e della salute dei propri cittadini, l'Italia, nel 2016, persegue una strada molto pericolosa, per quanto ancora redditizia. Stiamo parlando, ovviamente, della presenza già ingombrante di numerose piattaforme marine per l'estrazione petrolifera, le famigerate “trivelle”, che si trovano sparse lungo le nostre acque territoriali nel Mar Mediterraneo. I rischi per l'ambiente e la salute sono ben noti da tempo e la presa di coscienza dei cittadini italiani si manifesta sempre più palesemente, come confermano i numerosi comitati “No-triv” sorti negli ultimi anni. 

Legambiente ha delineato un quadro chiaro e allo stesso allarmante della situazione italiana, pubblicando sul proprio sito ufficiale dei dati che riportiamo: “Il nostro mare continua a essere in pericolo. Sono oltre 127mila i kmq di mare in cui 13 compagnie petrolifere, di cui 6 italiane e 7 straniere, intendono avviare attività di ricerca e prospezione per fini petroliferi. I permessi di ricerca attualmente rilasciati, dall'Adriatico al Canale di Sicilia passando per lo Ionio, sono 16 (compreso l'ultimo della Petrceltic rilasciato dal MISE a fine anno e che riguarda 373 kmq di mare vicino le isole Tremiti), per un totale di 6.327 kmq, cui si aggiungono le 38 richieste di permesso di ricerca per un totale di 23.739 kmq e le 8 istanze di permesso di prospezione per circa 96.585 kmq, oltre le 5 richieste di concessione per l’estrazione di petrolio per ulteriori 558,7 kmq. Senza dimenticare le due richieste di nuove piattaforme petrolifere Vega B di Edison nel canale di Sicilia e Ombrina di Rockhopper a largo della costa teatina in Abruzzo”.

( Proprio in merito alla paventata ipotesi di future trivellazioni al largo delle Isole Tremiti, un arcipelago di straordinaria bellezza naturalistica nonché riserva naturale marina, abbiamo già scritto lo scorso 19 gennaio e riportiamo qui il link al testo e alle fotografie di Raffaella Sacco:

www.ilpapaverorossoweb.it/gallery/isole-tremiti-quando-parlare-sono-le-immagini )

A preoccupare ambientalisti e cittadini comuni sono, manco a dirlo, i molteplici danni arrecati all'ambiente dalle trivellazioni: la fauna marina e i fondali risentono moltissimo della presenza di queste installazioni. In primis basti pensare ai materiali di scarto prodotti dalle trivellazioni, tutti tossici e molto costosi da smaltire cui si aggiungono le speculazioni di chi gestisce tali procedure. In mare, dove la ricerca di petrolio può causare spiaggiamenti di cetacei, morìa di pesci e mammiferi, molluschi, invertebrati, alghe e altre forme di vita nonché devastazione dei fondali, è prassi consolidata quella di sversare in acqua gli scarti e spesso ciò avviene in prossimità di aree e riserve naturali protette, in cui ecosistema è di primaria importanza e spesso unico nel suo genere. I danni per i siti marini sono incalcolabili, tanto nel breve che nel medio-lungo termine. In secondo luogo, le ispezioni sismiche, le trivellazioni, la re-iniezione sotterranea di materiale di scarto ad alta pressione possono alterare gli equilibri sotterranei e in un territorio ad alto rischio sismico è davvero auspicabile non aumentare i pericoli. Senza contare la possibilità di incidenti di ogni tipo, già verificatisi in passato nel Mondo, con conseguenze disastrose per mari e oceani.

Inoltre, stando a quanto viene stimato da alcuni esperti del settore idrocarburi, il petrolio presente nei nostri mari è di bassa qualità e permetterebbe di soddisfare un fabbisogno così risicato da rendere assolutamente poco conveniente proseguire sulla strada delle trivellazioni.

Per fortuna gli italiani potranno essere chiamati, nei prossimi mesi, ad un referendum per esprimersi in merito alla trivellazioni. I Consigli regionali di 10 regioni (Basilicata, Abruzzo, Marche, Puglia, Molise, Campania, Calabria, Veneto, Liguria e Sardegna) hanno depositato, qualche mese fa, sei quesiti referendari per abrogare alcune norme della legge “Sblocca Italia” e del “Decreto sviluppo” in merito alle perforazioni per la ricerca di idrocarburi in mare. Si chiede, in sintesi di vietare le trivellazioni entro le 12 miglia dalla costa e che siano ripristinati i poteri delle Regioni e degli enti locali. Si apre uno spiraglio e i cittadini potranno così dare voce al proprio dissenso, in nome della tutela dell'ambiente e della salute.

 

crowfunding adas

clicca e scopri come sostenerci