Quelle ricette magiche per le periferie che hanno il sapore amaro della beffa

Autore:
Redazione
21/03/2021 - 05:14

«Non si deve più essere disposti a tutto pur di essere eletti, pur di governare. Bisogna ascoltare davvero il territorio, rieducare al diritto, alla legalità. Educare con l’esempio. È un investimento che la politica deve necessariamente fare, e, come tutti gli investimenti i primi anni saranno in perdita, pazienza, i frutti si raccoglieranno più in là, ma si deve fare, si deve iniziare adesso, perché in ballo non c’è una piccola o grande carica politica, gestire un piccolo o grande potere, in ballo c’è il futuro e la credibilità della nostra città».

Sara Fagone, coordinatrice della Piattaforma Librino, una periferia popolosa che è un mondo a sé, avulso dalla città di Catania che a Librino non va e non vuole andare. Una sorta di città satellite che ha tanta voglia di crescita, ha fame di servizi e di legalità, di lavoro e di stimoli culturali.

«L’ultima operazione delle Forze di Polizia, la cosiddetta “Operazione Sipario”, a cui va tutto il nostro plauso, lascia non solo l’amaro in bocca ma proprio un grande senso di tristezza, impotenza e di fallimento».

Sara pensa a Fabio, Giuliana, Arianna, Giusi, Alfio, Franca, Leandro, Giovanni, Maria Letizia, Franco, Enza, Adriana, Eleonora, Marilena, Piero, Ketty e potrebbe continuare ancora, la lista è davvero lunga.

«Persone che hanno dato e continuano a donare il proprio tempo, la propria anima, per migliorare le condizioni fisiche e culturali di Librino quartiere dove risiedono o dove svolgono attività di volontariato. Persone oneste, piene di sogni, di volontà e di entusiasmo, che talvolta vorrebbero provare a fare politica attiva, ma, purtroppo, restano escluse da quei meccanismi di reclutamento dei vari partiti, di tutti i partiti».

Perché Sara? «La domanda è sempre la stessa: Quanti voti porti? Quanti voti porti, questo importa; non importa chi sei, quanto hai lavorato e cosa fai di interessante, quali sono i tuoi ideali, cosa vorresti cambiare. No! Quanti voti porti. E quindi ancora una volta non resta che prendere atto di questo maledettosistema” che non si riesce a scardinare».

Parole amare che sanno di sogni infranti, di false promesse ricevute e di cocenti delusioni.

«La maggior parte dei CAF nascono proprio per questo, per arrivare alla candidatura del titolare dell’ufficio. Convincere le persone meno istruite che le pratiche andranno a buon fine non perché l’utente ha diritto a quella specifica assistenza, ma perché loro sanno con chi parlare all’interno degli enti preposti ad erogare la prestazione e quindi si ha certezza della buona riuscita. Questi titolari di CAF si trovano poi davanti ai seggi elettorali con la lista deiclientie il numero del seggio che via via spuntano, non appena la persona viene a votare. I numeri alla fine tornano sempre», dice Sara Fagone.

«Per non parlare degli eletti nelle circoscrizioni, spesso sono gli stessi operai che prestano attività lavorativa negli enti di pulizia e scerbamento, quegli stessi che vengono fotografati con i consiglieri o assessori di turno, e puntualmente vengono ringraziati pubblicamente per il lavoro svolto in quella tale via, in quel tale angolo. Come se fosse un favore, come se non fossero pagati per questo! Il messaggio che passa è davvero chiaro», sottolinea Sara.

C'è tanta amarezza nelle sue parole, lei che da anni è in prima linea nelle battaglie per il riscatto e la riqualificazione di Librino, che ingiustamente viene citato solo per fatti di criminalità dimenticando che è un quartiere di gente che lavora duro quando il lavoro lo trova anche malpagato; gente che vorrebbe lavorare di più e poter contare su un reddito sicuro e dignitoso, che vorrebbe strade illuminate e autobus, parchi giochi, una biblioteca e un futuro per i bambini. Che vorrebbe sentirsi Catania!

«La beffa è che dobbiamo pure sorbirci le ricette magiche per migliorare le condizioni delle periferie. Condizioni che loro per primi hanno contribuito a far nascere e continuano a fare crescere, alimentando quel sistema, attraverso assunzioni, nomine, quegli ingranaggi ormai così difficili da scalfire, lasciando sul territorio soldati senza armi con nemici molto più grandi e organizzati, con la criminalità, con la mafia», aggiunge la Fagone.

«Che strumenti abbiamo noi comuni mortali? Perché la politica ormai si è ridotta ai numeri e non alle idee? Perché nei vari comunicati che ho letto si plaude solo alla magistratura e non c’è il minimo accenno alle responsabilità che ciascun partito ha. Ho l’impressione che, come per il Covid-19, pare non ci siano anticorpi, ma a differenza del Covid nessuno corre ai ripari cercando un vaccino. La magistratura non ha scoperto nulla di così eclatante, queste cose le conosciamo tutti, soprattutto chi vive o lavora in questi quartieri. Si potevano aiutare gli inquirenti, che già di lavoro ne hanno abbastanza, se si fosse evitato di perseguire in questo sporco sistema decennale. Ci vuole solo un po’ di coraggio, questo sì, quel coraggio politico che nessuno sa più cosa sia, quella “questione morale” che ormai sembra un termine desueto, senza più significato».

Sara Fagone non si ferma, ha contaminato il territorio con le sue battaglie per migliorare la qualità della vita di Librino, e con lei non si fermano quegli abitanti di Librino che con il loro impegno quotidiano coprono i vuoti lasciati dalle istituzioni che a Librino vanno per le passerelle elettorali e per qualche evento, promettono e salutano. E poi non succede nulla, o quasi.

 

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