Coronavirus in aria, OMS verso revisione su uso mascherine

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Redazione
04/04/2020 - 03:40

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) potrebbe rivedere le sue raccomandazioni sull'uso delle mascherine alla luce dei risultati di un nuovo studio del MIT, secondo cui le goccioline emesse con un colpo di tosse o uno starnuto possonoviaggiarenell'aria per distanze ben più ampie di quanto si pensi.

Lo ha detto alla BBC l'infettivologo David Heymann, presidente di un gruppo di consulenti dell'OMS che valuterà se, per rallentare la diffusione del virus, è necessario che un maggior numero di persone indossino le mascherine.

«L'OMS sta riaprendo la discussione esaminando le nuove prove per vedere se dovrebbe esserci un cambiamento nel modo in cui consiglia l'uso delle mascherine», ha detto Heymann, ex direttore dell'OMS che nel 2003 ne coordinò la risposta alla SARS.

Attualmente l'OMS e il nostro Ministero della Salute raccomandano una distanza minima di almeno un metro da una persona che tossisce o starnutisce e sottolinea che sia i malati (o comunque chi mostra i sintomi della malattia) sia coloro che li assistono dovrebbero indossare le mascherine. Il nuovo studio indica che le goccioline emesse con un colpo di tosse o uno starnuto possono raggiungere rispettivamente fino a sei e otto metri di distanza. Tuttavia, precisa che le microparticelle più piccole possono “viaggiare” nell'aria anche per distanze ben più lunghe. Se questi dati verranno confermati, ha commentato Heymann, «è possibile che indossare una mascherina sia altrettanto efficace o più efficace della distanza interpersonale».

ALTRI STUDI

Dunque, non soltanto goccioline di tosse e starnuti: il coronavirus viaggia nell'aria anche con il semplice respiro. Il virus SARS-CoV-2 è stato infatti trovato in campioni d'aria raccolti a oltre 1,8 metri distanza tra due pazienti, come scrive l'Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti in una lettera al responsabile delle politiche scientifiche della Casa Bianca, inserendosi in un dibattito che va avanti da tempo fra i ricercatori.

Finora si è ritenuto che la prima fonte di contagio del nuovo coronavirus siano le goccioline emesse con tosse e starnuti con un diametro superiore a 1 millimetro, ma se il coronavirus può rimanere sospeso nelle particelle ultrafini prodotte col respiro, la protezione diventa molto più difficile e si rafforza la tesi che tutte le persone dovrebbero indossare le mascherine in pubblico per ridurre la trasmissione del virus da persone asintomatiche.

La lettera, scritta dal medico Harvey Fineberg, fa riferimento ad uno studio dell'Università del Nebraska condotto da un team di esperti guidati da Joshua Santarpia in undici stanze di isolamento nelle quali erano ricoverati pazienti con Covid-19 e nelle quali sono stati trovati campioni dell'RNA del virus a oltre 1,8 metri dai pazienti.

Nel documento Fineberg cita anche studi condotti dall’Università di Hong Kong dopo l'epidemia di SARS, che sostenevano questa tesi, e uno più recente, sempre dell'Università di Hong Kong ma non ancora validato dalla comunità scientifica, in cui è stata riscontrata la presenza di coronavirus, virus dell'influenza e rhinovirus sia nel respiro che le goccioline di bambini e adulti.

Il dibattito su questo tema è quindi molto acceso e si è animato soprattutto dopo lo studio pubblicato agli inizi di marzo sul New England Journal of Medicine, in cui si sostiene che il virus SARS-CoV-2 può sopravvivere fino a tre ore nell'aria e nelle goccioline di saliva e rimanere infettivo.

Un altro studio sull'argomento, citato anche questo nella lettera, è quello condotto dall'Università di Wuhan in cui si è scoperto che il virus può essere risospeso nell'aria quando l'operatore sanitario si toglie la mascherina PPE, pulisce il pavimento o si muove attraverso arie infette. Tutti insieme questi elementi, conclude la lettera, «indicano la possibilità di trasmissione del virus sia attraverso le goccioline che il respiro», sebbene non tutti gli esperti siano d'accordo.

COSA DICE L’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ

«Non ci sono al momento evidenze che il nuovo coronavirus circoli nell'aria. I dati che abbiamo a livello epidemiologico internazionale ci dicono che le principali vie di trasmissione del virus largamente responsabili della sua trasmissione sono quelle per droplet (goccioline) e quelle per contatto. Il contagio per via aerogena era stato ipotizzato e dimostrato in alcuni contesti particolari e in presenza di alcune procedure soprattutto in ambito sanitario. Dai dati della letteratura scientifica finora sappiamo dunque che queste due sono le principali modalità di trasmissione, poi valuteremo man mano che arriveranno nuovi dati», ha dichiarato Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), rispondendo a una domanda sulla possibilità che l'OMS riveda le indicazioni per le linee guida sull'uso delle mascherine da parte della popolazione.

«La gente ha paura che andando per strada o stando sul balcone ci possa essere una trasmissione del virus. Al di fuori degli ambienti chiusi possiamo escludere questa ipotesi», ha invece sottolineato Gianni Rezza, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell'ISS.

CONCLUSIONE

Ribadita l’importanza delle mascherine, uno strumento che va usato in modo corretto perché altrimenti si rischia di renderlo inefficace, possiamo ipotizzare che a breve dovremo probabilmente abituarci ad un loro costante utilizzo.

Ci attende, dunque, nel momento in cui la gestione della pandemia entrerà nella cosiddetta fase due, una convivenza forzata col virus. Una convivenza assai sgradita che speriamo possa esaurirsi in tempi relativamente brevi.

(ANSA/AGI)

 

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